Introduzione sezione Corporate governance delle Società partecipate dal MEF

Corporate governance delle Società partecipate dal MEF

In questa pagina sono illustrati i principali profili normativi della Corporate governance nelle società partecipate dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.

 

La composizione degli organi sociali nelle società partecipate dal Mef, nonché le procedure previste per la loro nomina sono disciplinate dal codice civile, dal decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, recante il “Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica” dal decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, recante il “Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria” (di seguito, il Tuf) nel caso in cui le azioni rappresentative del capitale siano ammesse alla negoziazione su mercati regolamentati e, ove specificamente previsto, da disposizioni speciali poste da fonti normative primarie e regolamentari, in ragione sia della presenza di profili di natura pubblicistica sia della pluralità delle amministrazioni coinvolte. La nomina o designazione di candidature al ruolo di amministratore unico, membro del consiglio di amministrazione o del collegio sindacale nelle società implicano l’esercizio di un’attività di indirizzo politico-amministrativo ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, recante “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”.
Gli atti concernenti l’individuazione e la valutazione di profili professionali nell’ambito delle procedure selettive utili alla composizione degli organi di amministrazione e controllo in società partecipate dal Mef sono sottratti al diritto di accesso, per effetto di quanto previsto dal d.m. 13 ottobre 1995, n. 561.
Con riferimento, poi, al percorso da seguire per l’individuazione dei migliori profili professionali da selezionare per la composizione degli organi di amministrazione e controllo, le disposizioni di cui al decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, successivamente emendato dal decreto legislativo 25 maggio 2016, n. 97 hanno generato un forte impulso alla costruzione di una pubblica amministrazione sempre più orientata, nella conduzione delle attività istituzionalmente affidate alla sua cura, al rispetto dei princìpi di pubblicità e trasparenza, a loro volta espressione delle coordinate costituzionali di legalità, imparzialità e buona amministrazione.

 

Con specifico riferimento alla nomina degli organi sociali delle società controllate dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, la Direttiva prevede che il Dipartimento del Tesoro, in qualità di struttura tecnica, curi sia gli adempimenti relativi al monitoraggio delle posizioni in scadenza, dandone pubblicazione entro il mese di gennaio di ciascun anno nel sito del Ministero dell'Economia e delle Finanze, sia le necessarie istruttorie, anche con il supporto di società specializzate nella ricerca e selezione di top manager, da sottoporre all’Organo di indirizzo politico ai fini dell’espressione delle indicazioni di voto in riferimento alle società. Quanto alle procedure da utilizzare per i rinnovi degli organi sociali nelle società controllate indirettamente dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, ad esclusione di quelle controllate da società con titoli azionari quotati, il Dipartimento assicura gli adempimenti relativi alla pubblicazione, entro il mese di gennaio di ciascun anno, nel sito del Ministero dell'Economia e delle Finanze delle posizioni in scadenza, e raccomanda alle società capogruppo di approvare, ove non già presente, un regolamento in materia di selezione e nomina di membri degli organi sociali delle società partecipate (nel rispetto, tra l'altro, dei seguenti criteri: valorizzare le competenze interne dei dipendenti del gruppo per l'assunzione della carica di amministratore; astenersi dal nominare amministratori della capogruppo a meno che siano attribuite ai medesimi deleghe gestionali a carattere continuativo nella stessa capogruppo; seguire il principio di onnicomprensività della remunerazione con obbligo di riversare i relativi compensi). In occasione dei rinnovi, le società capogruppo comunicano gli esiti dell'istruttoria di carattere qualitativo e attitudinale realizzata per l’individuazione dei potenziali candidati, predisponendo una dettagliata e motivata relazione illustrativa dei processi valutativi seguiti da inviare al Ministro dell'Economia e delle Finanze affinché il Dipartimento del Tesoro verifichi il rispetto dei criteri e delle procedure per la nomina.

 

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L’articolo 11, comma 2, del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 prevede che l’organo amministrativo delle società a controllo pubblico, ad esclusione di quelle emittenti strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati e le loro controllate (c.d. società quotate)[1], è costituito, di norma, da un amministratore unico.
Il successivo comma 3 della citata disposizione dispone, altresì, che l’assemblea della società, con delibera motivata con riguardo a specifiche ragioni di adeguatezza organizzativa e tenendo conto delle esigenze di contenimento dei costi, può disporre che la società sia amministrata da un consiglio di amministrazione composto da tre o cinque membri, ovvero che sia adottato uno dei sistemi alternativi di amministrazione e controllo previsti dai paragrafi 5 e 6 della sezione VI-bis del capo V del titolo V del Libro V del codice civile.
Non sono assoggettate all’applicazione della predetta disciplina Consip spa e Sogei spa, per le quali l’art. 23-quinquies, comma 7, del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135 prevede che i relativi consigli di amministrazione siano composti da tre membri, di cui due individuati tra i dipendenti dell’amministrazione economico – finanziaria ed il terzo con funzioni di amministratore delegato.
E’ parimenti assoggettata alla disciplina di cui all’articolo 23-quinquies, comma 7, del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135 la società Amco - Asset Management Company spa, in forza dell’articolo 5, comma 6, del decreto legge 25 giugno 2017, n. 99, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2017, n. 121.
E’ parimenti estranea all’applicazione del principio di carattere generale dell’amministratore unico la società Coni Servizi s.p.a. (dal 1° gennaio 2019, Sport e Salute s.p.a., ai sensi di quanto previsto all’articolo 1, comma 629, della legge 30 dicembre 2018, n. 145), per la quale, già all’epoca della sua costituzione, l’articolo 8, comma 4, del decreto legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2002, n. 178 prevedeva una veste collegiale per l’organo amministrativo, veste peraltro confermata dallo stesso comma 4 dell’articolo 8 del citato d.l., nella versione riformulata ad opera dell’articolo 1, comma 633, lettera d), secondo periodo, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, secondo cui “La società è amministrata da un consiglio di amministrazione composto da tre membri, di cui uno con funzioni di Presidente e amministratore delegato”.
Alla disciplina generale non è soggetta, altresì, la Rai, società per la quale la nomina e la composizione del relativo consiglio di amministrazione trovano la propria disciplina nell’articolo 49 del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, così come modificato dalla legge 28 dicembre 2015, n. 220.
In particolare, l’organo amministrativo della Rai, a decorrere dal primo rinnovo successivo all’entrata in vigore della citata legge del 2015, sarà composto da sette membri, individuati come segue: due eletti dalla Camera dei Deputati e due eletti dal Senato della Repubblica; due designati dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’Economia e delle Finanze; uno designato dall’assemblea dei dipendenti della Rai, tra i dipendenti dell’azienda, titolari di un rapporto di lavoro subordinato da almeno tre anni consecutivi. Il consiglio di amministrazione nomina l’amministratore delegato, su proposta dell’assemblea, mentre la nomina del presidente è effettuata dallo stesso organo collegiale nell’ambito dei suoi membri e diviene efficace successivamente all’acquisizione del favorevole parere, espresso a maggioranza dei 2/3 dei suoi componenti, della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi.
Per quanto attiene, invece, al collegio sindacale nelle società partecipate dal Mef, questo si compone – secondo quanto previsto all’art. 2397 del codice civile – di tre o cinque membri effettivi, oltre che di due membri supplenti. L’effettiva composizione numerica dei collegi sindacali è specificata nei singoli statuti.
La Direttiva del Ministro dell’Economia e delle Finanze ha disposto che per la composizione degli organi di controllo delle società controllate dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, ad esclusione di quelle con titoli azionari quotati, potrà prevedersi la presenza di dipendenti del Ministero.
La nomina del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale nelle società partecipate dal Mef, le cui azioni sono ammesse alla quotazione nei mercati regolamentati (Eni, Enel, Leonardo, Enav, Poste italiane, Banca Monte dei Paschi di Siena), avviene mediante il meccanismo del voto di lista (articoli 147-ter e 148 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58). Fermo restando il limite – per i soli soggetti diversi dallo Stato – al possesso azionario introdotto nei singoli Statuti, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, del decreto legge 31 maggio 1994, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1994, n. 474, questi individuano la quota minima di partecipazione azionaria richiesta per la presentazione di una lista da parte dei soci, da soli o in concorso con altri, in misura comunque non superiore a un quarantesimo del capitale sociale o a quanto diversamente stabilito dalla Consob con proprio regolamento, tenuto conto della capitalizzazione, del flottante e degli assetti proprietari delle società quotate.
Con riferimento alla composizione del consiglio di amministrazione, ciascuna lista presentata indica coloro i quali, tra i candidati che ne fanno parte, sono in possesso dei requisiti di indipendenza, per tali intendendo, secondo la definizione fornita dal codice di autodisciplina delle società quotate, quelli che non intrattengono, né hanno di recente intrattenuto, neppure indirettamente, con l’emittente o con soggetti legati all’emittente, relazioni tali da condizionarne attualmente l’autonomia di giudizio.
Ogni azionista può presentare o concorrere alla presentazione di una sola lista ed ogni candidato può presentarsi in una sola lista, a pena di ineleggibilità. Dalla lista che ha ottenuto il maggior numero di voti validamente espressi vengono tratti, nell’ordine progressivo con il quale sono indicati nella lista stessa: con riferimento ad Eni ed Enel, i sette decimi degli amministratori da eleggere; in relazione a Leonardo, i due terzi degli amministratori da eleggere; per quanto riguarda Enav e Poste italiane, i tre quarti degli amministratori da eleggere; nel caso, infine della Banca MPS, un numero di amministratori pari a quelli da eleggere, diminuito di tre, ovvero il minor numero di amministratori che esaurisca il numero di candidati indicati in tale lista. I restanti amministratori vengono tratti dalle altre liste, al fine di garantire rappresentatività, in consiglio di amministrazione, anche alle liste di minoranza.
Con riferimento al collegio sindacale, le liste si articolano in due sezioni: la prima riguarda i candidati alla carica di sindaco effettivo, la seconda concerne i candidati al ruolo di sindaco supplente.
Per gli ulteriori profili di dettaglio, si rinvia alla consultazione dei singoli statuti.
Le liste sono depositate, a cura degli aventi diritto, presso l’emittente entro il 25° giorno precedente la data dell’assemblea convocata per deliberare la nomina degli organi sociali; queste sono, inoltre, messe a disposizione del pubblico presso la sede sociale, sul sito internet e con le altre modalità previste dalla Consob, almeno 21 giorni prima della data dell’assemblea.

 

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Almeno un sindaco effettivo ed un sindaco supplente devono essere individuati tra i revisori legali iscritti nel registro di cui al decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39, mentre i restanti membri, qualora non in possesso della predetta iscrizione, dovranno essere scelti tra gli appartenenti agli albi professionali individuati con decreto del Ministro della giustizia o tra professori universitari di ruolo, in discipline economiche o giuridiche.
Per le società quotate, inoltre, si applica il regolamento di cui al DM 162/2000 previsto dal decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.

 

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Con riferimento all’intensità che può, in linea teorica, connotare la relazione tra il soggetto investito dell’esercizio dei poteri dell’azionista e l’organo amministrativo di ciascuna delle società partecipate dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, il Ministero non esercita, nei confronti delle predetta società, attività di direzione e coordinamento ai sensi dell’articolo 2497 del codice civile, così come sancito da una norma di interpretazione autentica introdotta nell’ordinamento dall’art. 19, comma 6, del decreto legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, in forza della quale “L'articolo 2497, primo comma, del codice civile, si interpreta nel senso che per enti si intendono i soggetti giuridici collettivi, diversi dallo Stato, che detengono la partecipazione sociale nell'ambito della propria attività imprenditoriale ovvero per finalità di natura economica o finanziaria”.

 

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Articolo 19, comma 5, del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, recante il “Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica” Individuazione degli obiettivi sulle spese di funzionamento

 

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L’obbligatorietà delle disposizioni in materia di equilibrio tra i generi negli organi di amministrazione e controllo delle società con azioni quotate in borsa è stata sancita dal comma 1-ter dell’articolo 147-ter e dal comma 1-bis dell’articolo 148 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, così come introdotti dall’articolo 1 della legge 12 luglio 2011, n. 120, con decorrenza degli effetti, in tali casi, dal primo rinnovo del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale successivo all’entrata in vigore del predetto intervento legislativo (12 agosto 2011).

Il d.p.r. 30 novembre 2012, n. 251, recante le misure attuative dell’articolo 3, comma 1, della legge 12 luglio 2011, n. 120, ha previsto, per le società non quotate, controllate da pubbliche amministrazioni, ai sensi dell’art. 2359, commi 1 e 2, del codice civile, l’introduzione, nei propri statuti, di norme tese a garantire, nell’ambito degli organi di amministrazione e controllo a composizione collegiale, che, a decorrere dal primo rinnovo successivo al 12 febbraio 2013 (data di entrata in vigore del regolamento) il genere meno rappresentato ottenga almeno un terzo – un quinto limitatamente al primo mandato - dei componenti di ciascun organo (con arrotondamento all’intero superiore).

Con le disposizioni di cui all’articolo 1, commi 302 e 303, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (la cui applicazione decorre dal primo rinnovo degli organi di amministrazione e controllo delle società quotate, successivo all’entrata in vigore della legge di bilancio 2020), recanti modifiche rispettivamente all’articolo 147-ter, comma 1-ter e 148, comma 1-bis, del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, il legislatore ha inteso incrementare la quota del genere meno rappresentato da un terzo a due quinti della composizione degli organi collegiali di amministrazione e controllo delle società quotate, prevedendo, altresì, l’estensione di tale criterio di riparto per sei ulteriori mandati.

 

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L’articolo 5, comma 9, del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, cosi come modificato dall’articolo 6, comma 1, del decreto legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, ha previsto il divieto, in capo alle pubbliche amministrazioni, di conferire incarichi nei consigli di amministrazione di Società da esse controllate a soggetti già lavoratori privati o pubblici, nel frattempo collocati in quiescenza.

 

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Gli statuti di molte delle società controllate dal Ministero dell’Economia e delle Finanze prevedono l’ineleggibilità, ovvero la decadenza automatica dalla carica di amministratore, in presenza di provvedimenti adottati dall’autorità giudiziaria, relativi a determinate fattispecie di reato, secondo quanto disciplinato dalla direttiva del 24 giugno 2013 del Ministro dell’Economia e delle Finanze.

 

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Per alcune società, in particolare quelle quotate nei mercati regolamentati e le società di gestione del risparmio, la normativa prevede la presenza di uno o più consiglieri in possesso dei requisiti di indipendenza, ai sensi delle vigenti disposizioni di legge e regolamentari.

 

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Sulla base di quanto stabilito all’art. 2383, comma 2, e all’art. 2400 del codice civile, gli amministratori ed i sindaci scadono alla data dell’assemblea convocata per l’approvazione del bilancio relativo all’ultimo esercizio della loro carica. Inoltre, secondo quanto stabilito dall’articolo 11, comma 15, del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, agli organi di amministrazione e controllo delle società in house si applicano le disposizioni di cui al decreto legge 16 maggio 1994, n. 293, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 1994, n. 444, per effetto delle quali i citati organi collegiali non ricostituiti nel termine fissato dal legislatore sono prorogati per un periodo non superiore a 45 giorni, decorrenti dalla scadenza del termine medesimo (periodo di prorogatio). Nel periodo di proroga, gli organi scaduti possono adottare esclusivamente gli atti di ordinaria amministrazione, nonché quelli urgenti ed indifferibili, con indicazione specifica delle ragioni di urgenza ed indifferibilità. E’ previsto un regime di nullità per gli atti diversi da quelli appena sopra menzionati, eventualmente adottati dagli organi scaduti.
Decorso il termine massimo di proroga senza che si sia provveduto alla loro ricostituzione, i predetti organi decadono automaticamente, mentre tutti gli atti da questi adottati, indipendentemente dalle situazioni di ordinarietà o straordinarietà alle quali essi afferiscono, sono nulli.
E’ prevista, infine, una responsabilità in capo ai soggetti titolari della competenza alla ricostituzione degli organi in esame per gli eventuali danni che dovessero verificarsi in conseguenza della decadenza determinata da condotte omissive.

 

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In molte delle società partecipate dallo stato, pur essendo, l’esercizio dei diritti dell’azionista, attribuito al Ministero dell’Economia e delle Finanze, è prevista la preventiva acquisizione dell’intesa da parte di altro o altri Ministeri.

 

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Per quanto attiene ai compensi da deliberare ai sensi dell’art. 2389, comma 1, del codice civile (compensi assembleari), si fa presente che gli emolumenti al momento deliberati in favore degli amministratori di Società non quotate partecipate da pubbliche amministrazioni sono già stati oggetto di riduzione, in conseguenza dei provvedimenti legislativi intervenuti sulla specifica materia nel corso degli ultimi anni (art. 3, comma 12, della legge 27 dicembre 2007, n. 244; art. 6, comma 6, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122).
Con riferimento, invece, agli emolumenti in favore di amministratori investiti di particolari funzioni (ai sensi dell’art. 2389, comma 3, del codice civile), si ricorda che ai sensi del D.M. 24 dicembre 2013, n. 166, per le Società non quotate direttamente controllate dal Ministero, il limite massimo al compenso da poter riconoscere agli amministratori con deleghe da parte del Consiglio di Amministrazione è quantificato, applicando all’importo di 240.000 euro annui lordi un coefficiente di proporzionalità pari, rispettivamente, al 100%, all’80% e al 50%, a seconda della fascia di complessità di appartenenza della singola società. Tali limiti retributivi sono riferiti, come specificato nel Decreto del 2013, al compenso spettante all’Amministratore Delegato, ovvero al Presidente, qualora quest’ultimo sia l’unico componente del Consiglio di Amministrazione al quale sono attribuite deleghe.
Qualora, invece, pur in presenza dell’Amministratore Delegato, al Presidente siano conferite deleghe operative, l’emolumento in questo caso deliberato non potrà essere superiore al 30% del compenso previsto per l’Amministratore Delegato (art. 3, comma 4, del D.M.).
Come sancito dall’articolo 11, comma 7, del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, le disposizioni di cui al D.M. n. 166/2013 resteranno in vigore fino all’emanazione di un nuovo decreto ad opera del Ministro dell’economia e delle finanze, disciplinato dal comma 6 dell’articolo 11 del predetto decreto legislativo, cui saranno assoggettate le società in controllo pubblico – con l’eccezione di quelle quotate – possedute dalle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (non più limitato, pertanto, alle sole partecipazioni detenute dal MEF); l’applicabilità di tale decreto, inoltre, non sarà più circoscritta alla regolazione, nel loro valore massimo, degli emolumenti da poter riconoscere agli amministratori investiti di particolari cariche, ai sensi dell’articolo 2389, comma 3, del codice civile, ma riguarderà il trattamento economico onnicomprensivo da poter attribuire, nel rispetto della fascia di complessità di appartenenza (fasce che dovranno essere individuate in un numero da uno a cinque) per ciascuna società, all’intera platea di amministratori, sindaci, dirigenti e dipendenti.
 

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Nelle società controllate dal Ministero dell’economia e delle finanze, diverse da quelle quotate, il conferimento di deleghe operative al Presidente ad opera del consiglio di amministrazione, ai sensi dell’articolo 2389, comma 3, del codice civile, è subordinato alla preventiva autorizzazione dell’assemblea, in ragione di quanto previsto all’articolo 11, comma 9, lettera a), del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175.

 

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1L’articolo 2, comma 1, lettera p), del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, definisce società quotate “le società a partecipazione pubblica che emettono azioni quotate in mercati regolamentati; le società che hanno emesso, alla data del 31 dicembre 2015, strumenti finanziari, diversi dalle azioni, quotati in mercati regolamentati"
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